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Comunicazione efficace e prossemica

15 Febbraio 2011

La prossemica è stata per la prima volta teorizzata dall’antropologo Edward T. Hall ed è definita quale “percezione e uso dello spazio”. Gli esperti di comunicazione sanno bene che essa, anche se spesso sottovalutata, entra a far parte della definizione di una strategia di comunicazione efficace.

Uno dei principi chiave della prossemica è che lo spazio a disposizione di ciascuno è limitato. Tale limite è, però, flessibile e varia in funzione di vincoli biologici e di dettami culturali.

Chi sottostima questo fattore, può addivenire a fraintendimenti, malintesi, fino ad arrivare a veri e propri shock culturali. Hall ha fatto risalire la prossemica a un retaggio animale. Nella memoria biologica dell’uomo si riscontrerebbe, dunque, la necessità di mantenere intatta una sfera di spazio vitale attorno alla propria persona che è stata stimata in 50-75 cm di raggio. Per lo più, lo spazio di un braccio teso. Distanza assolutamente indicativa, dato che le variazioni di questa sfera, come si è detto, possono essere anche ampie.

Tanto ampie che viene fatta una distinzione ben netta tra culture contact oriented (propense al contatto fisico) e culture non contact oriented (riluttanti al contatto).

Le differenze nella prossemica legate alla cultura, facendo parte del comportamento sociale in genere, influenzano anche i comportamenti e le propensioni nella sfera professionale.

Un esperto di comunicazione efficace abituato ad agire in ambienti internazionali, non avrà esitazioni nel confrontarsi con un manager giapponese, piuttosto che con un responsabile appartenente alla cultura anglosassone.

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