La comunicazione politica di Donald Trump, candidato repubblicano per le elezioni presidenziali del 2016 negli Stati Uniti, rappresenta un punto di rottura con la vita politica degli States fino al momento della sua apparizione in scena: non si può fare finta di niente eppure pare che nessuno riesca a mettere a tacere la sua voce irriverente e antisistema.
Analizzando la sua strategia di comunicazione, definibile come puro marketing, è possibile scorgere degli elementi strettamente peculiari che possono insegnare qualcosa anche a settori differenti dalla politica.
La comunicazione di Trump spinge a:
Rappresentare una novità: per gli elettori e per chi ascolta, Trump esprime quello in cui crede, seppur non condivisibile. E’ innovativo perché dice ciò che gli altri non hanno il coraggio di esprimere, per la paura di non risultare politicamente scorretti.
Proporre idee semplici e facilmente fruibili: il programma di Trump, in particolare la parte relativa all’immigrazione è costituita da una sola pagina. Gli elettori percepiscono questo elemento come sintomo di chiarezza e di facilità nella condivisione.
Dominare i media: Trump è un vero e proprio intrattenitore, segue il suo audience ed è presente su ogni tipo di canale. E’ uno show man, a tratti ironico e a tratti buffo che genera appeal e curiosità attuando una strategia di comunicazione trasversale per catturare ogni tipo di pubblico, da chi legge i giornali a chi è attivo sui social.
Generare curiosità: la personalità controversa di Trump ha innescato un meccanismo per cui l’audience è in costante attesa di una sua prossima mossa. Il livello di attenzione rimane sempre molto alto grazie alla sua capacità di sorprendere il pubblico, di andare esattamente contro ogni tipo di aspettativa, dicendo qualcosa di diverso, insolito, antisistema.
Attuare un processo di identificazione: Trump nei suoi comizi da libero sfogo alla frustrazione, dice la verità ed esprime tutte le incertezze di gran parte del popolo americano, che in lui si identifica.
Colpire nel segno: i discorsi di Trump sono tutti orientati verso la xenofobia e la politica migratoria, per cercare di risvegliare il nazionalismo più o meno recondito dell’elettorato. Un punto debole, un nervo scoperto. Molte tecniche di storytelling cercano di fare questo, di riacciuffare le redini di una emozione che è dentro di noi e canalizzarla verso un prodotto, un servizio o un brand.
Presentare una soluzione ad un problema: la figura di Trump è quasi il simbolo di una certezza in un mondo pieno di incertezze. A problemi complessi propone soluzioni semplicistiche, ma chiaramente visibili dai suoi ascoltatori, ad esempio la soluzione del muro per contrastare l’immigrazione.
Far parlare di sé: le critiche dell’assetto politico tradizionale parlano costantemente di Trump alimentando la sua popolarità e dando potere a questo fenomeno mediatico e politico. In questo modo ciò che importa è non quello che viene detto, ma il semplice fatto che se ne parli.
Quali di questi elementi possono effettivamente essere implementati in una strategia aziendale? Tutto ciò non vuol dire che Trump sia un esempio, ma vuole incoraggiare ad una lettura diversa delle sue parole, per ravvisare gli ingredienti alla base del successo di una strategia di marketing. Se volete saperne di più, leggete anche questo articolo sulle tecniche di persuasione.
Secondo voi qual è la leva sulla quale Trump punta per ottenere risonanza in campagna elettorale che può essere utilizzata anche nel marketing di un prodotto? Parliamone nei commenti a questo post.