L’export traina la produzione italiana a fronte di una domanda interna debilitata dalla crisi. In ciò, le esportazioni sembrano essere l’unico fattore di speranza per le imprese italiane.
In questo frangente il governo ha deciso, nell’ambito dei provvedimenti anti-deficit, di rinunciare all’ICE (Istituto per il Commercio Estero), lasciando orfane le politiche di sostegno all’internazionalizzazione delle imprese italiane (soprattutto piccole e medie). Ed è proprio in questo comparto che Confartigianato e Confcommercio segnano un più 18.5% nei volumi di affari, sottolineando il successo dell’export management nostrano e guardando con preoccupazione il nuovo sviluppo istituzionale.
Ma le aziende italiane non si danno per vinte e puntano a fare sistema e a presenziare maggiormente le occasioni fieristiche internazionali.
Le funzioni dell’ICE, così come gli sportelli superstiti diffusi a livello globale, passeranno al coordinamento della Farnesina che verrà affiancata, verosimilmente, dalle Camere di Commercio e dalle Regioni, nuovi punti di riferimento delle politiche di sviluppo e di promozione dell’export italiano.
La nuova formula potrebbe giovare una produzione caratterizzata da forti localismi come quella che caratterizza il nostro Paese, ma potrebbe anche portare a una strategia di export frammentaria e poco organica, deleteria soprattutto in una fase di penetrazione di nuovi mercati.
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