Così come il project management, il trekking è un’esperienza di vita: con le sue difficoltà, i suoi obiettivi, e le sue soddisfazioni.
Potrà sembrarvi strano, ma il lavoro di un project manager segue molte delle logiche che possiamo riscontrare prima, durante e dopo un’escursione in montagna.
Se non ci credete è perché, forse, non avete mai indossato un paio di scarponi.
L’escursionista esperto lo sa bene: prima di affrontare un sentiero che sale in vetta è bene controllare il percorso. Livello di difficoltà, tempo di percorrenza stimato ed eventuali passaggi critici (ferrate, tratti alpinistici…). Ma anche risorse a disposizione lungo la via (fonti, rifugi). Parlando di project management, vi ricorda nulla?
Un buon trekker non si lascia mai trovare alla sprovvista. Sa bene, infatti, che la montagna deve essere amata con rispetto (e anche un po’ temuta). L’escursione deve essere organizzata nel dettaglio. Acqua, cibo, protezione contro pioggia e vento: tutto deve essere calibrato perfettamente con l’impegno richiesto dal percorso, in modo da evitare di portare sulle spalle un carico inutile, sprecando due delle risorse più preziose: il tempo e la forza delle gambe. Un errore di valutazione dell’escursionista in questa fase potrebbe esporlo a diversi rischi: rimanere in vetta dopo il calare del sole (senza attrezzatura necessaria), disidratazione, esaurimento.
Per i percorsi più complessi non si deve escludere neanche la pianificazione delle tappe. Perché, mentre si è sul sentiero, non si sa se dietro la prossima svolta c’è un tratto pianeggiante o un tratto in salita. Meglio equilibrare le fasi dell’ascensione per ottenere il miglior risultato con il minimo sforzo e nel tempo prefissato.
Anche per il project management la fase della pianificazione è un momento delicato, che può mettere in pericolo il buon esito del progetto. La valutazione delle risorse a disposizione e la definizione di tappe intermedie sono strategie fondamentali.
Un escursionista esperto si riconosce da un principiante anche quando si è sul sentiero. Non affronta la montagna a testa bassa, ma senz’altro con la testa. Verificare il raggiungimento delle tappe nei tempi previsti, misurare il consumo delle risorse (l’acqua nella borraccia, gli snack energizzanti…), riposare quel poco che basta per riprendere fiato mantenendo i muscoli in attività: sono tutti trucchi che il trekker navigato ha imparato a caro prezzo sulla propria pelle o da una guida più esperta. Lo stesso vale per il project manager: anche lui dovrà verificare il raggiungimento degli obiettivi intermedi di progetto e il consumo di risorse, mantenendo sempre alto il morale del team e il focus sui deliverable.
C’è un’ultima cosa che il trekking può insegnarci sul project management. Ma la si può scoprire solo raggiungendo la vetta: è la soddisfazione di essere arrivati e di godere del panorama. Un punto di vista privilegiato su tutto l’itinerario appena concluso. Quando l’effetto delle endorfine si sarà attenuato, potremo ragionare sul sentiero percorso e sui margini di miglioramento della nostra performance. Solo per affrontare meglio la prossima vetta. Esattamente quello che fa un buon project manager quando raggiunge i suoi obiettivi di progetto.
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