Cluetrain Manifesto: quando vennero pubblicate le 95 tesi che lo compongono, ebbero lo stesso impatto di un’eresia che metteva in dubbio i pilastri delle strategie di marketing. Le tesi non furono affisse alle porte delle chiese, analogamente a quanto avvenne nella riforma luterana del 1517, ma trovarono diffusione attraverso pubblicazioni cartacee e, ovviamente, Internet.
Ed è proprio il popolo della rete a essere al centro del Cluetrain Manifesto, ideato nel 1999 da Rick Levine, Christopher Locke, Doc Searls e David Weinberger, professionisti, economisti e pionieri del web.
La diffusione di Internet ricostituisce ciò che l’economia occidentale aveva perso da tempo: il mercato come luogo d’incontro e di conversazione. Le potenzialità informative, gratuite e alla portata di tutti, creano un nuovo tipo di consumatore: più competente, smaliziato, alla ricerca di autenticità e non più assoggettato a una comunicazione unidirezionale. Tutt’altro. Secondo le tesi del Manifesto, infatti, devono essere le aziende ad adeguarsi alla voce del mercato per non perdere tono.
Quello che è Internet per il mercato world wide, è l’intranet per le organizzazioni. Ma l’intranet definisce anche il limite delle aziende e delle organizzazioni classiche, essendo autoreferenziale e avendo un accesso limitato alle informazioni.
Cos’è che fa la differenza, dunque, tra un’azienda del mercato classico e un’azienda con un approccio che segue i dettami teorizzati dal Cluetrain Manifesto? L’apertura dell’Intranet ai dialoghi dell’Internet; l’immersione totale nell’era 2.0.
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