Nel cosiddetto patrimonio intangibile dell’impresa, il capitale relazionale è quello che viene più spesso sottovalutato. Eppure, se ci pensate, molta parte della popolarità di un Brand, oggi si gioca proprio sulla capacità di generare relazioni con le community di riferimento.
Quando si dà una definizione di capitale relazionale, il frutto di un marketing relazionale rivolto alla clientela non è l’unico aspetto da tenere in conto. Infatti si parla di relazioni con tutti gli stakeholder esterni all’azienda. Anzi, di qualità delle relazioni con clienti, fornitori, rivenditori e partner.
In un mercato sempre più caratterizzato da scelte competenti, che si basano su un alto grado d’informazione e di ricerca, la qualità delle relazioni può fornire la base per creare quel sentimento che è l’anima di ogni transazione: la fiducia.
La teorizzazione del capitale relazionale dell’impresa ha suscitato l’interesse di molti studiosi che hanno tentato, in più occasioni, di fornire una formula per la quantificazione economica di questo patrimonio intangibile, senza mai riuscirci.
Adottare una strategia che metta al centro il capitale relazionale è, per l’azienda, un investimento (e un impegno) di lungo termine che deve basarsi sul buon senso e che ripaga con la fedeltà di clienti e fornitori, nonché con un consolidamento di un’immagine positiva del Brand.
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