Agli addetti ai lavori, quali psicologi del lavoro ed HR, capita spesso di imbattersi in articoli relativi alla leadership, un tema a lungo studiato, che continua ad evolversi nel tempo. Negli ultimi anni, è stata prestata maggiore attenzione alla tematica dell’identità di genere, specialmente grazie ai nuovi valori di cui le generazioni di oggi sono portavoce.
Dalla relazione tra leadership e identità di genere, sono stati avviati nuovi studi relativi alla leadership femminile, che hanno portato i governi di gran parte dell’occidente ad adottare delle misure per raggiungere un maggior equilibrio nel mondo del lavoro.
Dato però lo stato ancora embrionale di questo nuovo filone di ricerca è difficile riuscire ad avere una visione di insieme rispetto ai risultati ottenuti.
Lo scopo di questo articolo è proprio quello di indagare i risultati evidenziati dalle più recenti ricerche condotte sul tema. Sarà inoltre interessante riflettere sul ruolo giocato dalla cultura, che influenza da sempre la nostra percezione dei leader e ci guida nell’attribuzione di significato ai loro gesti. Cercheremo infine di riflettere su quali possibili strade siano percorribili per il raggiungimento di un mondo del lavoro pienamente equo, quali soluzioni si stanno già facendo strada e quale spazio il tema della leadership femminile potrà avere nella società del futuro.
Tra le ricerche più recenti vi sono quelle condotte dalla professoressa Judy Rosener. Queste hanno messo in evidenza come uomini e donne possano avere stili di leadership distinti. Le figure maschili, solitamente, tendono a mettere in atto una leadership principalmente basata su ordini e doveri, mentre le donne sono spesso più trasformative: usano le abilità interpersonali per motivare ed incoraggiare i collaboratori, piuttosto che applicare potere o autorità. Inoltre, le donne tendono a guidare il gruppo con uno stile più democratico ed empatico, condividendo il potere, responsabilizzando i membri del team e apportando un miglioramento dell’autostima collettiva.
In un sondaggio nazionale condotto dal Pew Research Center Social and Demographic Trends, l’80% degli intervistati (1200 uomini, 500 donne) ha valutato le donne più oneste ed intelligenti rispetto agli uomini. Inoltre, il 60% afferma che le donne abbiano maggiore creatività ed estroversione rispetto agli uomini.
Tuttavia, secondo Catalyst, un’organizzazione statunitense che promuove le donne negli affari e nella leadership, le donne ricoprono solo il 14,4% delle posizioni dirigenziali nelle aziende, mentre gli uomini ricoprono l’85,6%. A questo punto, la domanda sorge spontanea: perché le donne, seppur considerate leader trasformative, sono ancora in netta minoranza nel ricoprire posizioni dirigenziali?
Per rispondere a questa domanda bisogna partire dai nostri stereotipi di genere, che vedono spesso le donne associate a qualità di compassione, affetto e gentilezza, e gli uomini associati a qualità agentiche di affermazione, fiducia, dominio e autorevolezza. Dagli stereotipi nasce il pregiudizio di genere, che si allinea con le costruzioni sociali del maschile e del femminile, frutto di percezioni indotte dalla cultura dominante. Tali costruzioni ci portano a pensare che una donna non sia «predisposta» all’autorevolezza ed alla leadership, bensì al ruolo di «accuditrice» affettuosa che la società si aspetta. Per cui una leader donna, viene spesso considerata non idonea al ruolo e se mette in atto comportamenti autorevoli e di affermazione viene etichettata come troppo mascolina.
Un esempio è quello di Hillary Clinton: definita «mascolina e aggressiva», ma anche criticata per l’esternazione della sua emotività quando alle primarie del New Hampshire pianse durante una sessione di domande e risposte.
Quindi una donna in una posizione di leadership, come deve comportarsi?
Trovare una risposta chiara è molto difficile, in quanto la rigidità degli stereotipi culturali ci porta a credere che le donne debbano essere impeccabili in ogni situazione. Inoltre, quando esiste un’incongruenza tra il ruolo di genere e il ruolo di leadership si alimenta il pregiudizio, il che spiega perché è più difficile per le donne diventare leader.
Sulla falsariga di quanto appena enunciato, possiamo affermare con certezza che eliminare definitivamente gli stereotipi è estremamente complesso.
Negli ultimi anni, la letteratura e la ricerca si sono impegnate nel delineare una serie di soluzioni per risolvere il problema delle dispercezioni e del fenomeno di glass ceiling. Queste azioni vengono definite di Career Development e tra di esse vale la pena citare le politiche di supporto alla carriera come congedi parentali e modelli di lavoro flessibile, programmi di formazione, mentoring e networking, politiche che definiscono e disciplinano gli strumenti di selezione, assunzione e promozione. Incontrovertibilmente, tra queste azioni gioca un ruolo fondamentale il cambiamento del linguaggio che viene utilizzato all’interno del mondo corporate e organizzativo. È proprio attraverso il lessico quotidiano che gli stereotipi di genere e la dispercezione della leadership femminile vengono trasmessi e rafforzati. Il linguaggio utilizzato durante tutte le fasi della carriera, dalla stilatura degli annunci di lavoro alla comunicazione interna, impatta sulla possibilità delle donne di scalare la carriera e di occupare posizioni di importanza al pari dei colleghi di sesso maschile.
In conclusione, possiamo affermare che la trasformazione del linguaggio gioca un ruolo chiave all’interno del cambiamento di percezione della leadership femminile, permettendo di scardinare gli stereotipi negativi e dando spazio a nuovi modelli positivi. Conseguentemente a questa trasformazione si otterrebbe un aumento della rappresentanza femminile nei ruoli di leadership portando ad un secondo livello di cambiamento. Occupando posizioni che sono state da sempre attribuite a uomini, le donne potrebbero abolire ancor di più gli stereotipi di genere che hanno sempre associato quella posizione a comportamenti che erano visti come propri del genere maschile. Nel lungo periodo questa associazione automatica verrebbe abolita per essere sostituita dall’associazione delle medesime caratteristiche anche alle donne.
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Valeria Di Biagio (Master in Gestione e Sviluppo delle Risorse Umane – 47° edizione)
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