Sono passati oramai sette anni da quando, per la prima volta, la parola “crisi” è entrata a far parte del nostro vocabolario quotidiano, associata all’aggettivo “finanziaria” e, poi, “economica”. Non si è dovuto attendere molto, finché alla crisi economica si affiancasse anche lo spettro (ben tangibile) della crisi occupazionale. Un dramma che ha colpito soprattutto i giovani, ma che assume toni drastici quando interessa gli over 40.
Eppure, la parola crisi ha un’etimologia che può farci vedere in un’altra luce la condizione attuale. La parola greca krísis, infatti, significa “scelta”. Continuando a improvvisarci linguisti, potremmo scomodare anche il cinese dove “crisi” si dice wēijī: la combinazione di due sillabe che significano rispettivamente “rischio” e “momento cruciale”.
La crisi (che sia economica o personale), infatti, è il momento delle scelte importanti: quelle che incidono direttamente sul futuro. Rinascita o sconfitta: ciò che fa da discrimine tra questi due esiti di una crisi è l’iniziativa individuale e collettiva.
Nel 2012 l’International Labour Organizzation (ILO) ha iniziato, forse con troppo ritardo, a indagare una strategia d’uscita dallo stallo. Nel documento La crisi dell’occupazione giovanile è il momento di agire, a conclusione della 101^ sessione della Conferenza dell’ILO, ha definito la disoccupazione giovanile una “sfida globale”.
Tra gli obiettivi individuati: politiche macroeconomiche per il sostegno della buona occupazione, ma anche politiche formative più adeguate. “I giovani – continua il documento – sono parte della soluzione”. Così come lo sono le imprese.
Dimensione internazionale, dimensione pubblica nazionale e privato: tutte le parti sono chiamate in causa per affrontare un problema che tutt’ora attanaglia la società.
La crisi economica e l’occupazione giovanile che, ovviamente, prospettano una ripresa più lenta lì dove le economie soffrono atavicamente di storture strutturali. E in Italia ne sappiamo qualcosa.
Se nella situazione attuale è fondamentale prendere decisioni, è anche vitale prenderle in tempo. Ma, per farlo, bisogna capire quale direzione imboccare.
Da questo punto di vista è di primario interesse la risposta alle domande che verranno poste durante l’East Forum 2014: come sta cambiando il mercato del lavoro a seguito della crisi? Come dobbiamo prepararci per incoraggiare e cavalcare l’onda della ripresa? Cosa può fare il settore pubblico? Cosa può fare il settore privato?
Il lavoro c’è, dicono le statistiche: ciò che manca sono le figure professionali adeguate a ricoprire i ruoli richiesti dal mercato. E i percorsi di formazione pubblica non sono ancora pronti a soddisfare il fabbisogno professionale delle aziende.
In attesa delle risposte degli esperti, a noi non resta che trovare le nostre vie, attraverso i percorsi di formazione privata, per soddisfare le nostre aspirazioni (di vita e di lavoro) e colmare le nicchie professionali ancora scoperte.
La crisi è anche opportunità, per chi la sa cogliere.
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