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Dietro le quinte del recruiting: cosa pensa davvero un HR durante il colloquio

10 Aprile 2025
Dietro le quinte del recruiting: cosa pensa davvero un HR durante il colloquio

Hai presente quella domanda che inevitabilmente ti ronza in testa dopo un colloquio? “Cosa avrà pensato davvero di me il recruiter?”. È normale, succede a chiunque. Il colloquio è uno dei momenti più intensi e ricchi di aspettative: da un lato chi cerca lavoro, dall’altro chi ha il compito di scegliere la persona giusta per realizzare nuovi progetti. Ma cosa accade davvero dall’altra parte della scrivania?
In questo articolo ti accompagniamo dietro le quinte del recruiting, per scoprire cosa osserva (e pensa) un HR durante un colloquio. Se sei un neolaureato che si affaccia ora sul mondo del lavoro, o se sogni una carriera nell’ambito delle Risorse Umane, questo viaggio è per te.
 

Molto più di un curriculum

Il curriculum è il punto di partenza, ma non è tutto. Un recruiter esperto lo ha già letto con attenzione prima del colloquio e, durante l’incontro, vuole vedere “chi c’è dietro quelle righe”. Cerca coerenza tra ciò che hai scritto e come ti presenti. Se parli fluentemente inglese nel CV, preparati a dimostrarlo. Se affermi di essere flessibile e curioso, il tuo atteggiamento dovrà confermarlo.
Tradotto: il selezionatore osserva la tua capacità di raccontarti con autenticità, senza recitare un copione.
 

Soft skill, le vere protagoniste

Competenze tecniche? Fondamentali. Ma oggi, le aziende cercano (anche) molto altro. Le soft skill sono diventate un criterio di valutazione imprescindibile. Il recruiter, spesso, punta a capire:

  • Come ti relazioni con gli altri
  • Se sai gestire il tempo e lo stress
  • Quanto sei flessibile di fronte ai cambiamenti
  • Se hai spirito critico e capacità di iniziativa

E no, non basta dire: “Sono un team player!. L’HR ti guiderà con domande specifiche per farti raccontare episodi concreti. Quelle domande che iniziano con: “Mi racconti una volta in cui… sono il suo modo per valutare chi sei, davvero. In questo contesto, le esperienze da raccontare possono essere tante: una difficoltà affrontata con spirito pratico, un feedback ricevuto e trasformato in occasione di crescita, un progetto di gruppo all’università in cui hai mediato tra opinioni diverse, uno stage in cui hai proposto un’idea migliorativa. L’importante è essere autentici, concreti e mostrare cosa hai imparato da ogni situazione.
 

Il linguaggio del corpo parla per te

Postura, sguardo, tono della voce, gestualità. Tutto comunica. Un buon HR non si limita a sentire le parole: osserva come le pronunci. Se arrivi teso come una corda di violino, è normale. Ma è importante mostrarsi presenti, aperti, sinceri. Il segreto? Essere preparati e lavorare sulla consapevolezza. Fare delle simulazioni con amici o tutor può fare una grande differenza.
 

Dietro le domande, ci sono obiettivi precisi

“Perché vuole lavorare con noi?” non è una domanda per farti inciampare. Serve a capire quanto sei motivato, se hai studiato l’azienda, se c’è affinità tra i tuoi valori e quelli dell’organizzazione. Mostra che ti sei informato: parla della mission, dei progetti, di ciò che ti ispira davvero dell’azienda. “Quali sono i tuoi punti deboli?” non serve a metterti in difficoltà, ma a valutare la tua capacità di autocritica. Rispondi evitando le frasi fatte: scegli un’area migliorabile reale, spiega come ci stai lavorando. L’obiettivo è dimostrare motivazione, coerenza e capacità di guardarti dentro. Più sei sincero e riflessivo, più il tuo profilo sarà credibile. Ricorda che ogni domanda è una lente d’ingrandimento su una competenza, una caratteristica, un comportamento.
 

Il fattore umano: l’HR è una persona

Spesso si tende a pensare al recruiter come a un giudice implacabile. Ma è prima di tutto una persona. E vuole conoscere un’altra persona. Un consiglio? Mostra interesse, ascolta attivamente, fai domande. Il colloquio non è un interrogatorio, ma uno scambio. E se l’azienda è giusta per te, sarai tu stesso a percepirlo da come viene condotto il processo.
 

Recruiting: una questione di empatia e strategia

Ogni colloquio è un piccolo universo. Il recruiter si muove tra empatia e strategia: deve comprendere la persona, ma anche valutare se è quella giusta per un contesto preciso. Ecco perché l’HR non cerca solo risposte “giuste”. Cerca coerenza, motivazione, compatibilità. E, soprattutto, cerca persone che vogliano crescere. Per queste ragioni:

  1. Studia l’azienda. Non limitarti a guardare il sito: esplora i valori, le news, la cultura.
  2. Allenati a raccontarti. Non memorizzare risposte, ma chiarisci a te stesso chi sei e cosa vuoi.
  3. Prepara domande da fare. Un candidato curioso fa sempre una buona impressione.
  4. Accetta l’emozione. È normale essere nervosi. Respira, ascolta, prenditi il tuo tempo.
  5. Punta sull’autenticità. Non devi essere perfetto, ma vero. L’HR lo noterà.

E dopo il colloquio? Prenditi un momento per riflettere. Cosa è andato bene? Cosa potresti migliorare? E, se sei davvero interessato alla posizione, invia un breve messaggio di follow-up: professionale, ma con un tocco personale. Un dettaglio che spesso fa la differenza.
 

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