Il nuovo contratto a termine, quale novellato dal DL n. 34/2014, diventa per sua natura acausale nel senso cioè che non è più richiesta la sussistenza di alcuna ragione produttiva, tecnica, organizzativa. Il riscritto comma 1 dell’art. 1 del dlgs n. 368/2001, non prevede più in generale, cioè per tutti i contratti a tempo determinato, la sussistenza di una ragione che giustifichi l’apposizione del termine.
Contestualmente è stato abrogato il comma 1 bis dell’art. 1 del dlgs n. 368/2001 che era stato introdotto dalla Riforma Fornero e che ammetteva solo per la prima volta, e quindi solo in via d’eccezione, il contratto acausale. La causale non è altresì più richiesta in caso di ricorso alla somministrazione a tempo determinato di cui all’art. 20 del dlgs n. 276/2003.Sebbene sia venuto meno l’obbligo di indicare la causale, ricordiamo che ancora esistono varie disposizioni di legge (diverse dall’art. 1 del dlgs n. 368/2001), che comunque fanno riferimento ai contratti a termine specifici (con causale) e che quindi la pongono come condizione per poter beneficiare della connessa agevolazione.
In particolare il comma 7 dell’art. 10 del dlgs n. 368/2001, integralmente conservato dalla recente riforma, prevede che nel limite massimo di ricorso al contratto a termine previsto dai contratti collettivi (ma oggi an-che dalla legge) non siano inclusi:
Anche l’art. 2 comma 29 della legge n. 92/2012, esclude dall’obbligo del contributo addizionale dell’1,4% i contratti a termine per ragioni sostitutive, nonchè i contratti stagionali (includendovi anche quelli definiti come tali per il periodo 2013-2015 dalla contrattazione collettiva). Pertanto anche se dal 21 marzo scorso la sussistenza e quindi l’indicazione della causale del contratto a termine non è più obbligatoria, la stessa rappresenta un’opportunità per quelle aziende che intendano fruire delle agevolazioni sopra indicate.
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