Facendo un raffronto con il diritto del lavoro statunitense, possiamo ritenerci fortunati. Almeno dal punto di vista del congedo parentale.
Gli USA, per quanto riguarda l’astensione dal lavoro a seguito della nascita di un figlio, sono la maglia nera internazionale: la durata del periodo di congedo e l’eventuale retribuzione di tale periodo sono lasciati alla contrattazione individuale. Niente a che vedere, insomma, con l’eccellenza dei tedeschi Mutterschutzgesetz (l’atto di protezione della maternità) e Elternzeit (uno straordinario strumento per il bilanciamento lavoro e vita).
Tuttavia, alcuni segnali provenienti dalla realtà statunitense fanno pensare a un cambio di rotta. Perché la questione della maternità può diventare anche una leva per attrarre e trattenere i talenti. Segnali che vengono dagli alti vertici e dalle policy di aziende note in tutto il mondo.
Facebook – L’ultimo caso che ha fatto parlare i media è la paternità di Mark Zuckerberg. Il CEO di Facebook usufruisce di due dei quattro mesi di congedo parentale concessi dalla sua azienda ai propri dipendenti (anche ai papà). Una scelta che ha avuto una ripercussione non tanto nel campo del diritto del lavoro, quanto nella cultura occidentale.
Netflix – Nell’ambito della propria decantata politica HR, Netflix ha espanso proprio nel 2015 una già generosa (per gli USA) politica di astensione dal lavoro retribuita, offrendo ora tra le 12 e le 16 settimane di congedo per i propri lavoratori.
Adobe – Con l’annuncio pubblicato sul proprio blog, Adobe ha reso nota la nuova policy su maternità e congedi legati alla nascita di un figlio.
Amazon – Il miglioramento delle condizioni di neo mamme e papà è stata la leva con la quale il colosso del commercio elettronico ha controbattuto alle accuse avanzate dal New York Times sulle spregiudicate policy HR dell’azienda.
Spotify – Per adeguare sul piano internazionale le politiche di amministrazione del personale dell’HQ, la svedese Spotify ha esteso il periodo di congedo di sei mesi (come da obbligo di legge in Svezia) a tutto lo staff internazionale.
Yahoo – Le neo-mamme hanno diritto a sedici settimane di congedo retribuito, i papà ne hanno otto. Segnale in controtendenza è quello lanciato dalla CEO Marissa Mayer che ha recentemente dato alla luce dei gemelli. La top manager di Yahoo si è concessa un tempo limitato. La Mayer non è nuova a questo tipo di scelte: per la nascita del primo figlio non si concesse che due settimane di congedo.
Mentre questi cambiamenti influenzano le grandi aziende del mercato statunitense e le multinazionali, in Italia ci si potrebbe sentire fuori dalla discussione grazie a una politica di congedo parentale già piuttosto avanzata (rispetto a quella USA). Ma perché competere con i peggiori piuttosto che gareggiare con i migliori?
Nella classifica internazionale, in nostro Paese non brilla per progressismo nell’ambito del congedo parentale e nella tutela della maternità attraverso sistemi di parità di genere.
Cosa ne pensate? Qual è una politica nazionale di congedo parentale che ritenete la più idonea a tutelare la donna e a contribuire al giusto bilanciamento vita professionale, vita privata? Discutiamone nei commenti a questo post.
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